Ordinanza n. 215 del 2004

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ORDINANZA N.215

ANNO 2004

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Gustavo ZAGREBELSKY, Presidente

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE                         

- Fernanda CONTRI                             

- Guido NEPPI MODONA                    

- Piero Alberto CAPOTOSTI                 

- Annibale MARINI                              

- Franco BILE  

- Giovanni Maria FLICK

- Francesco AMIRANTE                       

- Ugo DE SIERVO                               

- Romano VACCARELLA                    

- Paolo MADDALENA      

- Alfio FINOCCHIARO     

- Alfonso QUARANTA      

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 17, terzo, quarto e quinto comma, della legge 13 aprile 1977, n. 114 (Modificazioni alla disciplina dell’imposta sul reddito delle persone fisiche), promosso con ordinanza del 12 maggio 2003 dalla Commissione tributaria provinciale di Torino sul ricorso proposto da Giani Simona contro l’Agenzia delle entrate - Ufficio di Chieri, iscritta al n. 782 del registro ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 40, prima serie speciale, dell’anno 2003.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 26 maggio 2004 il Giudice relatore Annibale Marini.

Ritenuto che, con ordinanza depositata il 12 maggio 2003, la Commissione tributaria provinciale di Torino ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 53 Cost., questione di legittimità costituzionale dell’art. 17, terzo, quarto e quinto comma, della legge 13 aprile 1977, n. 114 (Modificazioni alla disciplina dell’imposta sul reddito delle persone fisiche), nella parte in cui prevede, in caso di dichiarazione congiunta dei redditi, «che l’avviso di accertamento in rettifica e la cartella dei pagamenti dell’imposta sul reddito delle persone fisiche notificati in capo al marito siano efficaci nei confronti della moglie», ancorché sia intervenuta «sentenza di separazione legale  o di scioglimento del matrimonio», e che, anche in siffatta ipotesi, vi sia solidarietà fra coniugi nell’obbligazione tributaria per il pagamento di imposte, soprattasse, pene pecuniarie ed interessi iscritti a ruolo a nome del marito;

che oggetto del giudizio a quo è la legittimità di una cartella di pagamento, notificata ad una contribuente e da questa tempestivamente impugnata, contenente l’iscrizione a ruolo di una somma di danaro a titolo di IRPEF e contributo per il SSN per l’anno di imposta 1995;

che la cartella impugnata fa seguito ad un accertamento in rettifica effettuato nei confronti dell’ex marito della ricorrente;

che in epoca anteriore alla notificazione del suddetto avviso di accertamento era intervenuta la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto dai coniugi de quibus;

che la Commissione tributaria provinciale di Torino considera rilevanti, ai fini della decisione, i commi terzo, quarto e quinto, dell’art. l7 della legge n. 114 del 1977, i quali prevedono, in caso di dichiarazione congiunta dei redditi, che la notificazione della cartella di pagamento e degli accertamenti sia eseguita nei confronti del solo marito e che i coniugi siano solidalmente responsabili per le somme iscritte a ruolo a carico del solo marito;

che il rimettente, sebbene riconosca in linea di principio che la ratio della detta disposizione stia nel consentire ai due coniugi una unica liquidazione di imposta, con conseguente semplificazione degli adempimenti tributari, ritiene che, pur nella interpretazione datane dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 184 del 1989, la disciplina in questione non tuteli sufficientemente il diritto di difesa, così violando l’art. 24 della Costituzione;

che il giudice a quo argomenta tale contrasto in quanto, pur potendo la moglie contestare in giudizio, anche oltre gli ordinari termini, la pretesa tributaria concernente atti o fatti imputabili esclusivamente al marito, costei, per difendersi, è tenuta a ricostruire dati contabili e documenti fiscalmente rilevanti ai quali potrebbe non avere accesso, non essendo nella sua disponibilità materiale e giuridica;

che l’irragionevolezza della norma emergerebbe in tutta evidenza allorché l’accertamento intervenga dopo la separazione o il divorzio dei coniugi, poiché, per un verso, l’ordinamento prende atto del fatto che non si è più in presenza  di un vincolo familiare, ma, per altro verso, obbliga la moglie separata, o la ex moglie, ad instaurare un giudizio, per opporsi ad una pretesa tributaria derivante da fatti a lei non imputabili, pur non avendo a disposizione gli strumenti per conoscere i fatti di causa;

che il rimettente censura l’art. 17 anche nella parte in cui prevede la responsabilità solidale fra i coniugi, ritenendolo in contrasto con gli artt. 3 e 53, primo comma, della Costituzione;

che, ad avviso della Commissione tributaria, che pur richiama i precedenti provvedimenti  con i quali la Corte ha dichiarato la manifesta infondatezza di analoghe questioni, la norma, dotata di una sua ratio in costanza di matrimonio, in difetto di tale condizione sarebbe illegittima, poiché impone alla moglie, separata o divorziata, di rispondere, a distanza di anni, delle obbligazioni tributarie del marito, aggravandone in maniera ingiustificata e discriminatoria la posizione; 

 che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la manifesta infondatezza della questione;

che l’Avvocatura ricorda come la Corte abbia già scrutinato la norma impugnata anche riguardo alla sua applicazione in caso di sopravvenuta separazione dei coniugi, con provvedimenti che, in assenza di argomentazioni nuove, sciolgono i dubbi di costituzionalità sollevati, dovendo, infatti, ribadirsi:

 che la dichiarazione congiunta dei redditi è una facoltà per i contribuenti, cui conseguono oneri e vantaggi per chi l’eserciti;

 che la posizione della moglie, coobbligata in solido, sarebbe, comunque, garantita dal poter contestare anche nel merito, di fronte agli organi della giurisdizione tributaria, la obbligazione del coniuge entro i termini decorrenti dalla notifica dell’atto con il quale ella venga per la prima volta a conoscenza della pretesa tributaria nei suoi confronti;

 che tale tutela non risulterebbe vanificata dalla eventuale separazione fra coniugi o dallo scioglimento del matrimonio, potendo ella acquisire, richiedendoli all’amministrazione finanziaria, gli atti a lei non notificati e presentare, in caso di tardiva acquisizione, motivi aggiunti di impugnazione ai sensi dell’art. 24, comma 2, del decreto legislativo n. 546 del 1992;

che, infine, il principio di capacità contributiva non escluderebbe ipotesi di solidarietà tributaria, purché il coobbligato non sia estraneo alla posizione giuridica del debitore principale.

Considerato che la Commissione tributaria provinciale di Torino dubita, in riferimento agli artt. 3, 24 e 53 Costituzione, della legittimità costituzionale dell’art. 17, terzo, quarto e quinto comma, della legge 13 aprile 1977, n. 114 (Modificazioni alla disciplina dell’imposta sul reddito delle persone fisiche), nella parte in cui tale disposizione prevede, nell’ipotesi – già disciplinata dal primo comma della medesima norma – di dichiarazione congiunta dei redditi, che, anche in caso di sopravvenuta separazione fra coniugi o di cessazione del vincolo coniugale, l’avviso di accertamento in rettifica e la relativa cartella di pagamento dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, sebbene legittimamente notificati al solo marito, siano efficaci anche nei confronti della moglie, e che, anche in siffatta ipotesi, vi sia solidarietà fra coniugi nell’obbligazione tributaria per il pagamento di imposte, soprattasse, pene pecuniarie ed interessi iscritti a ruolo a nome del marito;

che il dubbio di costituzionalità sollevato dal giudice rimettente concerne evidentemente l’ipotesi in cui la responsabilità solidale del codichiarante non derivi immediatamente dalla dichiarazione dei redditi sottoscritta da entrambi i coniugi, ma da un successivo accertamento in rettifica concernente redditi propri dell’altro codichiarante;

che il rimettente, nel dubitare della legittimità costituzionale della norma, non ha, tuttavia, esaminato, avuto riguardo alla elaborazione giurisprudenziale e dottrinale in materia, la possibilità di fornire una interpretazione della norma stessa diversa da quella sulla cui base la questione è prospettata;

che pertanto la questione – in quanto carente di motivazione in punto di non manifesta infondatezza – deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 17, terzo, quarto e quinto comma, della legge 13 aprile 1977, n. 114 (Modificazioni alla disciplina dell’imposta sul reddito delle persone fisiche), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 53 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Torino con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 luglio 2004.

Gustavo ZAGREBELSKY, Presidente

Annibale MARINI, Redattore

Depositata in Cancelleria il 6 luglio 2004.